Brendon è copyright Sergio Bonelli Editore. Tutti i diritti riservati.
Dicevo, era il lontano 2006.
Dopo aver spedito questo plico di tavole (l’ennesimo di una serie quasi
infinita) ad almeno ¾ della redazione Bonelli, mi ritirai nella Santoro-caverna
coi sentimenti di chi oscilla sempre fra la speranza di essere ricontattato e
la disillusione di essere rimbalzato (sempre per colpa di una una qualche
strana variabile X). Sorprendentemente invece, dopo neanche una settimana dall'invio del pacchetto, ho ricevuto una bella telefonata proprio dalla redazione milanese.
Ora, soffermatevi un attimo su cosa possa significare, per uno come me, la
telefonata dalla casa editrice per la quale avevo sempre sognato di lavorare sin
da quando ero bambino. Significa uscire dal ghetto, significa la sicurezza
economica, significa LAVORARE COI GRANDI.
Ma non era certo il signor Sergio a telefonarmi e neppure un Chiaverotti
tutto entusiasta che "entraafarparteassolutamentedellostaffdiBrendon" (a
proposito, ho contattato Mr. Chiaverotti su FB cinque
anni dopo e mi ha confessato che queste tavole le aveva viste
praticamente l’altroieri PER LA PRIMA VOLTA... organizzazione impeccabile e
puntuale, eh?).
Era invece un altro collaboratore della redazione (il nome non ve lo
faccio) che aveva visto le tavole e le aveva apprezzate. Perciò voleva propormi
di fare altre tavole di prova ma su un personaggio nuovo che mi avrebbero
indicato loro e certo non su Brendon. Io ovviamente ho accettato con un certo
entusiasmo: sapevo che nessun disegnatore viene preso “a scatola chiusa” e tutti
(o quasi) entrano a far parte dello staff dopo aver fatto un tot. di prove.
Stavolta poi erano stati loro a chiamare me e non viceversa… insomma, vedevo in
tutta questa situazione una possibilità concreta di lavoro dopo tanti anni di
sforzi e sacrifici.
Il signor x mi dice solo che devo pazientare qualche giorno perché
devono mandarmi le indicazioni sul personaggio ed il pezzetto di sceneggiatura
sulla quale basarmi per fare le prove.
Passa una settimana e non mi mandano niente né mi ritelefonano. Dunque
li ricontatto io in redazione ma il signor x non c’è: “riprova fra qualche
giorno” dicono. Passano due settimane ed il signor x non risponde neanche al
numero di cell. personale che mi aveva precedentemente lasciato. In redazione
prima mi dicono che è malato, poi che è in ferie. Passa ancora del tempo e non
ricevo nessuna notizia.
Capisco che di questo progetto non se ne farà più
niente… o, più probabilmente, verrà “affidato” a qualcun altro. Ma per me ormai non fa nessuna differenza: l'entusiasmo lascia il posto ad una amara consapevolezza e la vaga impressione di averlo preso in culo.
Ora, si possono fare mille
ipotesi sul perché di questo comportamento. Io la mia idea me la sono fatta… ma
tanto non ci sarà nessuno ad avvallarla o controbatterla.
Secondo me il signor
x aveva sì apprezzato le tavole, ma mi aveva anche contattato forse troppo
frettolosamente e senza neanche consultarsi prima con i suoi “colleghi”. Colleghi che,
evidentemente, o non apprezzavano il mio lavoro oppure avevano un interesse a
dare la “precedenza” a qualcun altro. E quindi i signori professionisti del
fumetto hanno preferito far passare tutto in sordina.
Situazioni analoghe mi sono
capitate diverse volte nella vita. Addirittura, circa un anno dopo, ho
rivissuto un’esperienza simile per merito di altri due collaboratori della Bonelli
(neanche di questi farò il nome - ma è gente di un certo peso nel settore) che,
viste le tavole di prova inviate periodicamente in redazione, hanno deciso di contattarmi per farmi cimentare in un fantomatico progetto da proporre ad un editore francese.
Feci quelle tavole di prova, ma i due signori sparirono nel nulla... senza neanche uno straccio di spiegazione.
Vedete, tutta questa storia... tutte queste strane dinamiche che vengono a delinearsi sono un po' il frutto di un certo modo molto italiano di agire, pensare e comportarsi.
Io lo sintetizzerei così: "Poiché non
conti un cazzo, noi possiamo permetterci di ignorarti, se ti diciamo qualcosa
possiamo rimangiarcela e far finta di non averla mai detta, se ci accusi di
qualcosa ficchiamo la testa sotto la sabbia e se proprio rompi i coglioni
giochiamo a scaricabarile e alla fine ce ne laviamo le mani".
La verità è che se fossi stato uno importante, uno coi soldi, o -al limite- una bella figa, nessuno si sarebbe mai azzardato a trattarmi come sono stato trattato (e potrei citare dozzine di altri incidenti del genere).
Anzi: chissà in quanti sarebbero accorsi in mio aiuto invece, chissà in quanti mi avrebbero spalancato chissà quali porte, risposto alle mie domande, ignorato i miei sbagli, reso la vita più facile.
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