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HARDCORE! (Hardcore Henry e nuovi livelli d'incoscienza)


Guardo il trailer di HARDCORE! e mi cappotto dalla sedia. "Il primo film girato in soggettiva!", dice orgogliosa la voce off della pubblicità. Beh, sì e no. Mi risulta che il primo lungometraggio (ma probabilmente ce ne saranno stati pure altri, eh) ad essere girato QUASI INTERAMENTE IN SOGGETTIVA fu "Una donna nel lago", di R. Montgomery, nel 1947. Ripeto: nel 1947.

Ma il punto non è l'uso approssimativo (e quindi criminale, per me) dello slogan, che al massimo può puntare a far presa su fruitori di videogiochi moderni sulla falsariga di Call of Duty; il punto è che "Una donna nel lago" non fu un film molto riuscito, e le ragioni del suo insuccesso avrebbero dovuto essere tenute in considerazione (e approfondite) dai cineasti di tutte le generazioni a venire.
una scena da HARDCORE!
Una scena da Call of Duty
Ma andiamo con ordine.

L'insuccesso fu dovuto al fatto che il film era caratterizzato da una peculiare scelta registica rivelatasi decisamente controproducente rispetto all'idea di base che l'aveva ispirata, mancando quindi clamorosamente l'obiettivo.
Mi spiego meglio: fondamentalmente, l'idea degli autori era che lo spettatore si proiettasse totalmente all'interno della storia, vivendo in prima persona le vicende del protagonista; da qui la scelta (quantomeno inusuale per gli standard dell'epoca, ma anche per quelli di oggi) di girare il film quasi totalmente in soggettiva.
Paradossalmente però, si ottenne l'effetto opposto: il quasi totale straniamento dello spettatore ed il distacco emotivo dalla vicenda narrata.
Questo succede perché è possibile identificarsi con un personaggio solo quando PUOI VEDERE quel personaggio, riconoscendo in lui, 
tramite la sua mimica facciale e la gestualità del corpo, le tue stesse emozioni.

scena da Una donna nel Lago.
Vediamo il volto del protagonista/regista Robert Montgomery
(qui nei panni del detective Philip Marlowe)
quando si specchia.
Non bisogna essere dei geni per capire un concetto così semplice e neanche dei raffinati esegeti della settima arte, quindi certe scelte concettuali e stilistiche all'interno di una grossa fetta del cinema contemporaneo (specie U.S.A., ma non solo) mi lasciano così perplesso da pensare che i cineasti odierni siano sempre più superficiali e sempre meno preparati. La loro cultura (intendo la cultura FILMICA, non si richiedono nozioni di fisica quantistica ad un cineasta¹) è così labile che sempre meno film sembrano essere mossi da un'idea forte, ancor meno lasciano qualcosa allo spettatore; un messaggio, una suggestione, un concetto, un nuovo punto di vista, qualcosa insomma che duri nel tempo, per restare nella Storia.
NUOVI LIVELLI D'INCOSCIENZA: 

Da questi cineasti sarebbe lecito aspettarsi qualcosina di più. Dopotutto, viviamo in un'epoca in cui tutti sono esperti di cinema, dove fior di laureati anziché conoscere un mestiere sanno tutto su Tarantino, dove legioni di nerd diventano isterici con Guerre Stellari ma nulla sanno del Neorealismo, dove ragazzini saccenti vanno sempre in giro con la videocamera e poi si montano i filmatini con un'app scaricata sullo smarphone, sentendosi comunque dei novelli Ėjzenštejn... e così via. Basterebbe poco approfondire un determinato argomento e reperire tutte le informazioni utili aiutandosi con il web, ma sembra che i più abbiano perso la capacità di interpretare e trattenere quelle informazioni (ne parlavo anche QUI).

"Ma non rompere le palle, il Cinema è anche industria dell'intrattenimento!", potrebbe (giustamente) osservare qualcuno... e ben venga l'intrattenimento, dico io. Ho forse mai asserito il contrario?
Ma se intrattenimento significa rinunciare ad una sceneggiatura logica e a dei dialoghi sensati perché il film si regge solo sull'impatto visivo, la spettacolarità o su dei meri espedienti volti a scioccare o blandire lo spettatore²... vuol dire che l'intrattenimento dura ben poco. Esaurita la trovata, scoperto l'espediente, passata la sbornia adrenalinica della scena spettacolare, scopri che il tuo film è durato poco più del pacchetto di patatine che sgranocchiavi durante la visione; tutto è dimenticato nel giro di qualche ora.
Però intanto il gusto estetico delle persone viene continuamente livellato verso il basso e la coscienza critica precipita implacabilmente, mese dopo mese, anno dopo anno. E allora ti fai quella domanda alla quale nessuno ha mai saputo rispondere: abbiamo questo tipo di cinema perché il nostro livello culturale è basso oppure il nostro livello culturale determina questo tipo di cinema? Sembrano sottigliezze, ma il nocciolo sta tutto lì.

Io, per quel che vale, una risposta me la sono data. Secondo me, oggi più che mai, la vera essenza di quest'industria dell'intrattenimento è quella di essere uno strumento, nient'altro che uno strumento fra i tanti usati dal potere per TRATTENERE (appunto!)  il popolo e condurlo verso nuovi livelli di in-coscienza³.

Altro che mezzo per arricchire culturalmente e spiritualmente le persone!
S. Santoro
Note:
¹A meno che non girasse un documentario sulla fisica quantistica.
²Blandire lo spettatore con il gioco dei rimandi e delle citazioni. "Ecco una citazione! Eccone un'altra!" Pensa lo spettatore mentre guarda un film. Riconoscendo le citazioni si sente arguto ed intelligente, come se il regista gli avesse dato una pacca sulla spalla. Io non sono contrario alle citazioni, purché non si ecceda (oggi si eccede) e siano pienamente funzionali alla vicenda narrata.
³Parafrasando Natalino Balasso.

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