Non credetemi quando affermo che l'uso dei social ha avuto delle conseguenze devastanti sulla vita comunitaria e la coesione sociale.
Ignoratemi quando dico che è in atto una vera e propria mutazione antropologica che non ci sta portando verso l'evoluzione mentale e spirituale, ma ci trascina in basso, in una palude di ottundimento generale e nuovi pericolosissimi livelli d'incoscienza .
Deridete pure chi ha profetizzato un futuro da tech-gleba per voi ed i vostri figli; appiccicate il bollino di complottista/catastrofista a tutti coloro che si sono fermati a riflettere e hanno sollevato qualche dubbio in merito alla narrazione ufficialista del mondo. Metteteli in un lager insieme a quelli che osano affermare che il cosiddetto progresso non porta necessariamente ad un miglioramento della qualità della vita o a una società più sana e coesa.
Ascoltate invece le parole di un ex vicepresidente di Facebook, un cervellone che ha contribuito a creare una delle piattaforme che ci sta condizionando la vita in modi che non riusciamo neanche ad immaginare. Si chiama Chamath Palihapitiya e non è né il primo né l'unico ad essersi pentito della sua creatura.
Prestate orecchio alle sue parole e alle riflessioni profonde del Dr. Mauro Scardovelli.
Poi tornate pure alle vostre frasette motivazionali da ragazzine cerebrolese, alle citazioni di libri che non avete letto, ai like messi sotto la foto più o meno sexy di qualche sgallettata che ha bisogno di nutrire il suo ego ipertrofico.
E se dopo tutto questo, siete ancora di quelli che "non è colpa del mezzo, ma dell'uso che se ne fa..." , lasciatemelo dire: state al livello sottozero del dibattito sull'argomento.
Ne riparleremo fra una decina d'anni, quando forse ci sarà più consapevolezza su questo problema. Ma sarà troppo tardi.
Francamente, è già troppo tardi adesso: il mondo non tornerà indietro, e non riusciremo mai a fermarci ad un passo dall'abisso.
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