Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

IL TAFAZZISMO AI TEMPI DELLE A.I.



Da qualche settimana, numerosi esponenti di una certa “comunità” creativa (disegnatori, illustratori, sceneggiatori, ecc. …), discutono sull’utilizzo di una famosa A.I.¹ in grado di generare illustrazioni e tavole a fumetti in base agli input immessi nel suo algoritmo.
In realtà, questo tipo di tecnologia esiste da anni, ma solo recentemente sembra aver raggiunto un livello di implementazione tale da consentirle standard qualitativi degni di nota o quantomeno interessanti.
Anche se molti (me compreso), giudicano questi standard attuali imprecisi, rozzi, confusi, stereotipati, tremendamente kitsch (ma qui credo sia più che altro colpa delle parole chiave immesse…) e addirittura INQUIETANTI, non credo ci voglia un veggente per capire che miglioreranno sempre di più in futuro, grazie ad un algoritmo in grado di apprendere e automigliorarsi.

Un futuro non remoto ma molto prossimo, che vedrà questa tecnologia diffondersi sul mercato ed imporsi come un vero e proprio standard qualitativo nuovo, in un arco temporale che andrà, verosimilmente, dai tre ai cinque anni.

Le implicazioni di questa rivoluzione sono e saranno tantissime, e non pretendo certo di esaurire l’argomento con questo post. Però mi interesserebbe parlare delle reazioni “a caldo” di coloro che INEVITABILMENTE saranno i più colpiti dalla diffusione di questa tecnologia: i famosi (sopracitati) esponenti della “comunità” creativa.

Le discussioni scaturite intorno alla (tardiva) scoperta delle A.I. generatrici di immagini sono state, da parte di costoro, decisamente vivaci, varie e variegate: si va infatti dall’ottuso entusiasmo al pessimismo più cupo, passando per vari gradi di freddezza e perplessità.

Leggendo qua e là nel web, ho trovato affermazioni del tipo:

-  “EEEEEHHHH, MA VUOI METTERE IL FASCINO DELLA CARTAAAAAAH”² (ottusità tout court, inemendabile)

-  “NIENTE POTRÀ MAI SOSTITUIRE L’UOMO” (ottuso ottimismo)

-  “LA QUALITÀ FARÀ LA DIFFERENZA”/ “L’AUTORE FARÀ LA DIFFERENZA” (queste vanno in coppia-ottimismo e utilitarismo borghese)

-  “È UNO STRUMENTO. DIPENDE DA COME LO USI” (cautela e utilitarismo)
 fino allo spettacolare, inarrivabile

- “È UNA GRANDE OPPORTUNITÀH CHE APRE INNUMEREVOLI SCENARI CREATIVI!!1!1!”.

Ora, tralasciando la prima affermazione (quella della CARTAAAAAAH…- talmente puerile che non vale neanche la pena spenderci due parole), cercherò di analizzare e commentare tutte le altre, una per una.


1) “NIENTE POTRÀ MAI SOSTITUIRE L’UOMO”

Eh, infatti… NON È MAI CAPITATO NELLA STORIA che l’uomo fosse sostituito dalle macchine, che interi segmenti lavorativi fossero spazzati via dai progressi tecnologici. “È il progresso, baby…” dirà qualcuno. “È giusto che alcuni mestieri scompaiano, pensa al BOIA” dirà l’arrogante e saccente primo della classe, col sorrisetto di chi crede di aver detto qualcosa di intelligente.

A parte che in alcuni paesi la figura del boia esiste ancora… ma certo, cosa importa al saputello (che, evidentemente, avrà il culo al caldo), se tante persone perdono il lavoro perché esiste una tecnologia che può sostituirle parzialmente o totalmente?  
Il problema è che non tutti i lavoratori possono essere “riconvertiti”, se il lavoro scarseggia PROPRIO -e anche- PERCHÈ la tecnologia sta sostituendo sempre più la figura umana nel mondo del lavoro.

La disoccupazione digitale (o tecnologica, che dir si voglia) sta diventando il famoso elefante nella stanza che i nostri favolosi governi fanno finta di non vedere³. Per loro è più facile pensare di ammansire il popolino elargendogli qualche elemosina, piuttosto che combattere la disoccupazione e risolvere i problemi veri alla radice.

Quindi… se volete ottenere, fra mille vincoli e condizioni, un contentino che il governo vi dice come, dove e quando usare, mentre stabilisce dove potete arrivare a piedi e quanti Km fare con la macchina (il tutto sempre all’interno di un tetto massimo di  emissioni CO2, si intende…) accomodatevi: il futuro è già qui.

Se invece lo scenario vi sembra troppo fosco, e quindi state pensando di buttarvi sul caro, vecchio mestiere sempre in voga, tenete conto di una cosa sola: anche la prostituzione (fisica o intellettuale), ha pur sempre bisogno di un minimo “benessere” diffuso attorno a sé, per essere considerata una professione davvero remunerativa.

Perciò, quando vedete una categoria di persone andare col culo per terra, non rallegratevi sadicamente, non compiacetevi dei privilegi che oggi avete o credete di avere: i prossimi potreste essere VOI.

E un giorno ritrovarvi a venderlo, quel culo… sì, ma per un tozzo di pane.


2) “LA QUALITÀ FARÀ LA DIFFERENZA”

Innanzitutto bisognerebbe stabilire cos’è la qualità e dare, conseguentemente, un giusto prezzo a degli standard qualitativi. Ma in un settore (quello “creativo”), dove il fattore soggettivo è preponderante e che (almeno in Italia) non sembra essere regolamentato seriamente in alcun modo⁴, ciò non è possibile.

Successivamente, bisognerebbe domandarsi se il medioman della strada o la paradigmatica casalinga di Voghera, sappiano riconoscere e premiare la qualità (spoiler: no).

Non stupiamocene: in un mondo dove (almeno dalle nostre parti), i popoli sono stati trasformati in consumatori compulsivi di spazzatura visiva e ideologica, la qualità, più che un mero concetto, è un  vero e proprio preset imposto dall’alto.

Eppure tanti sono andati a scuola, tanti sono diplomati e laureati, tanti dovrebbero avere quella cultura minima sindacale che (almeno teoricamente), consentirebbe loro di avere un occhio e un pensiero critico capace di saper discernere la qualità. E invece no, tutt’altro!

Proprio nella nostra favolosa scuola (che al massimo può educare alla mediocrità, all’omologazione e ai diktat del governicchio di turno), abbiamo imparato che:
- un barattolo di MERDA D’ARTISTA (aggiudicato, pare, per la modica cifra di 275 000 euro), è arte
- tele e sacchi di juta squarciati sono arte
- tazze del cesso o altri oggetti di uso comune esposti nei musei sono arte
- una tizia che si riprende in mondovisione mentre si sottopone ad una serie di (orribili) operazioni chirurgiche superflue è arte
- un tizio che si autoinfligge dei tagli e poi cammina nudo sanguinando su una passerella è arte
- una tizia che defeca, urina ed estrae vari oggetti dalla sua vagina, su una strada pubblica e affollata, in pieno giorno, è arte
- due tizi sporchi di vernice che copulano su una tela è arte
- un tizio che si appende a dei ganci e si fa installare un orecchio artificiale nell’avambraccio è arte…⁵

Sterlac ed il suo orecchio "bionico" (funziona davvero, sapete?)

Insomma, è stato sdoganato di tutto. Dalla body art alla performance art, passando per le agghiaccianti video installazioni, qualsiasi aberrazione è stata chiamata arte. Ed è (anche) grazie a tutto questo, che ragazzine coi capelli verdi fanno della loro endometriosi e della loro dismenorrea l’oggetto della loro arte.

Orlan e la sua chirurgia... creativa (ne avevamo proprio bisogno, vero?)

In un contesto del genere (per nulla disfunzionale, direi…), volete che non salti fuori un qualche movimento di radical chic decisi ad imporre le cose fatte con l’A.I. come una nuova forma d’arte? Ma le spacceranno come il non plus ultra dell’arte, mi pare ovvio.
E cercheranno di vendervela, risparmiando notevolmente sui tempi e i costi di produzione (quindi anche sugli autori stessi…), ma investendo magari qualche soldino in più per il marketing.

L’avete capito o no, cari estimatori della fantomatica qualità, che la qualità GIÀ OGGI è un concetto molto fumoso?

Che, attualmente, chiunque (a prescindere dal fatto che abbia o meno delle capacità, che abbia fatto o meno determinati studi, che sappia usare degli strumenti tecnici o abbia anche solo delle idee innovative), può improvvisarsi artista e vendervi ciò che fa, semplicemente se ha un ufficio marketing efficiente?

Figuratevi cosa potrà succedere fra qualche anno, quando le A.I. diventeranno totalmente mainstream.

2 bis) “L’AUTORE FARÀ LA DIFFERENZA!”

Questo è un discorso certamente molto complesso e mi rendo conto di non poterlo liquidare in poche righe. Ma è legato a doppio filo con il precedente argomento della QUALITÀ.

Il fattore autoriale infatti, GIÀ OGGI è obnubilato dall’incapacità delle persone di saper riconoscere la qualità e dall’omologazione totale dell’industria dell’intrattenimento che (almeno a livello mainstream), si appiattisce tanto sulle tematiche quanto sugli stilemi visivi e narrativi.

Ma basta dare un’occhiata all’industria hollywoodiana degli ultimi quarant’anni circa, per rendersi conto del senso di ciò che voglio dire. Dove sono finiti i grandi registi e la loro visione autoriale del mezzo cinematografico?.⁶
Qualcuno che sappia imporre la sua cifra stilistica c’è ancora, indubbiamente, ma sono sempre meno, sempre più omologati e sempre più vincolati da determinate meccaniche che con l’arte non c’entrano nulla.
La verità è che per la maggior parte delle grandi produzioni (qui parlo in generale, non mi riferisco solo alle grandi produzioni hollywoodiane, tipo i cosiddetti cinecomics), l’autore non può esprimersi liberamente, ma deve muoversi all’interno di un recinto di scelte (visive, narrative, concettuali) precostituite da coloro che (detto volgarmente), CI METTONO I SOLDI.⁷
 
Il risultato di questa prassi  odierna è che gli autori stanno diventando sempre più intercambiabili, clonabili e sostituibili: diventano tutti simili perché devono fare tutti la stessa cosa.

FATTE LE DEBITE PROPORZIONI (visto che qui i soldi in ballo sono di meno), possiamo dire che lo stesso identico discorso vale per l’illustrazione e il fumetto. In questi settori, oltre alle ovvie logiche di mercato, sono proprio gli strumenti tecnologici (social inclusi), ad essere uno dei fattori maggiormente omologanti. Vediamo perché.

   
 
3) “È UNO STRUMENTO. DIPENDE DA COME LO USI”

Similmente ad un’arma progettata e creata appositamente per arrecare il maggior danno possibile a cose e persone (non si usa lanciagranate anticarro per fare un intervento di microchirurgia al cervello), o una macchina concepita per correre su una pista alla massima velocità possibile (non vai nel centro storico di un paesino posto sul cucuzzolo di una montagna con una F1), la A.I. che oggi voi ingenuamente chiamate STRUMENTO, è stata creata appositamente per togliere di mezzo TUTTI gli strumenti dell’autore, l’autore stesso e SEPARARE il prodotto finale da altri fattori imprescindibili per il processo creativo e la realizzazione di una vera opera d’arte, ovvero:

- L’IMPIEGO DI TEMPO (cioè l’arco temporale che va dall’idea iniziale all’opera definitiva),

- LA FATICA (la famosa lotta contro la materia)

- e la MOTIVAZIONE (perché non posso fare a meno di esprimermi attraverso un mezzo espressivo?).

Perché, indipendentemente dalle nobili motivazioni teoriche che pure staranno (?) alla base dello sviluppo della A.I., questo è esattamente ciò che fa, all’atto pratico.

Bello, vero? Anni di studi, sacrifici ed esercitazioni saranno totalmente (o, nella migliore delle ipotesi, quasi totalmente) bypassate da un algoritmo in grado di (ricordate?) apprendere e automigliorarsi.

C’è anche chi sarà felice, per la fine di quella che prima poteva essere definita una specie di dittatura delle capacità (come ho sentito dire da qualcuno…), ma è ovvio: l’unica dittatura che i mediocri ambiscono a smantellare è proprio quella (teorica) delle capacità e delle competenze (non si sono resi conto che hanno già vinto da un pezzo: il paese Italia ne è la rappresentazione plastica).

Pensateci: già OGGI la tecnologia consente ad un esercito di impediti di bypassare tutta una serie di ostacoli e lacune tecniche, mentre il nostro lassismo consente a chiunque di autoproclamarsi artista.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti: fare foto, video e montaggi è diventato un giochino alla portata di… praticamente chiunque, grazie a delle app (molte delle quali poco costose, se non addirittura gratuite) facilissime da usare e ormai a prova di idiota… se poi qualcuno trova delle difficoltà a capire una determinata funzione, c’è senz’altro un tutorial (chiaramente gratuito) su youtube da poter consultare alla bisogna.
Non serve più chissà quale strumentazione o un computer costoso e particolarmente performante, non serve più il programma superpesante cracckato da AMMIOCUGGINOTM (che funzionava una volta sì, due no e poi ti crashava il sistema), può bastare anche un buon tablet o uno smartphone.
Cose che, più o meno, oggi possono permettersi tutti.
Stesso discorso per l’illustrazione e la pittura: chiunque può mettersi a ricalcare foto che pesca nella rete con i più comuni software di disegno e grafica (se poi ricalchi con un tratto tremolante e sporco, fa molto intellettuale da casa editrice impegnata), e app tipo Procreate consentirebbero anche ad uno scimpanzé mescolanze cromatiche e sfumature degne di un preraffaelita.

Ricapitolando: non servono più strumentazioni costose, non servono più particolari competenze o abilità, non serve più un corso di studi specifico, non serve più impiegare troppo tempo nella realizzazione di qualcosa, non serve più avere un qualche tipo di urgenza espressiva, non serve più avere qualcosa da dire…
basta avere un account. E riversare nel mare magnum della rete tutte le proprie deiezioni (mentali e non) costituite per la maggior parte da immagini e video inutili e scadenti, nella vana illusione di potersi distinguere dagli altri (all’interno di un contenitore che livella tutto verso il basso- ne parlo, più approfonditamente, qui).

Ma se l’esercito dei wannabe, degli scappati di casa, delle casalinghe con velleità artistiche e dei dopolavoristi ipergarantiti, fosse magicamente privato degli strumenti tecnologici attuali, troverebbe un altro modo, seppur più faticoso e dispendioso, di esprimersi? Chiaramente no: la maggior parte di loro abbandonerebbe l’attività artistica alla prima difficoltà, perché non motivati a sufficienza, poco capaci e senza idee valide da proporre. 

Sarò più chiaro: chi avrebbe ancora voglia di fotografare il cibo ogni volta che mangia, se al posto dello smartphone avesse… che so, una macchina fotografica analogica Rectaflex del ’47? Se non ci fossero i social gratuiti, a chi verrebbe voglia di condividere la prima stronzata che gli passa per la mente con l’universo mondo? E quante sgallettate, attraverso di essi, cercherebbero un egoboost continuo, se poi fossero costrette anche a mettere una telecamera su un treppiede e montare i loro ridicoli filmatini su una pellicola vera e propria? Se i colori per il bodypainting costassero tantissimo e fossero difficili da reperire, qualcuno troverebbe ancora accettabile la pratica agghiacciante di dipingere sul pancione di una donna incinta?
 
So che a molti di voi questo potrà sembrare un discorso del cazzo, ma le cose stanno così: non esiste uno strumento “neutro”; sono gli strumenti (social compresi) ad INDURRE nelle persone determinati comportamenti (ne parlo anche qui).

Il mezzo è il messaggio e lo strumento è il fine: non a caso l’artista VikMuniz utilizzò materiali di scarto, cioccolato e zucchero per realizzare le sue opere di denuncia sociale più famose.
Avrebbe potuto fare una foto, scolpire il marmo, dipingere un quadro… e invece ha usato proprio quei materiali specifici e per una ragione ben precisa.

Un'opera di Vik Muniz, costituita da materiali di riciclo

Signori miei, dipingere un quadro su tela, con dei colori ad olio, avrà sempre un valore ben diverso dal realizzare quella stessa immagine in digitale (anche se poi sul quadro venisse fuori  una mezza merda e in digitale invece perfetta…). 
Ed è anche una scelta di campo ben precisa.

Se avete capito il senso di questo discorso, provate solo ad immaginare cosa potrà succedere quando l’A.I. sarà inglobata nel processo creativo sia degli impediti che in quelli che una volta venivano considerati professionisti del settore

4) “È UNA GRANDE OPPORTUNITÀ CHE APRE INNUMEREVOLI SCENARI CREATIVI!”

E qui, amici miei, voliamo altissimi.
Soprattutto se queste cose le dicono disegnatori o illustratori che suggeriscono anche come ovviare, in post produzione, ai limiti tecnici che attualmente l’A.I. dimostra di avere.

Praticamente, questi… INCAUTI PROFESSIONISTI, stanno alimentando qualcosa che INEVITABILMENTE darà un colpo durissimo al loro stesso segmento lavorativo.
Già abbastanza precario e mal messo di suo, fra l’altro, per tutti i motivi elencati nei punti precedenti.
 
Ma loro sono bravi e affermati e non risentiranno del colpo, almeno nel breve periodo, cosa gliene importa di tutti quelli che invece stanno lottando per affermarsi, di quelli che devono fare duecento commissions al mese per mettere insieme uno pseudo stipendio, di quelli che, malgrado tutto e tutti, studiano ancora come migliorarsi nell’arte e nel disegno?
Credono forse che saranno pagati ancora, quando si farà strada l’idea che un A.I. potrà sostituirli più o meno egregiamente?

E quando affermano che “Sì, ma l’A.I. i fumetti ancora non li fa”, esattamente… di cosa cazzo stanno parlando? E il fumetto di Dave McKean già andato esaurito? La graphic novel THE SHADOW su kickstarter?
Due esempi di fumetti fatti con l’A.I. . Poi, sulla qualità degli stessi si potrà pure discutere, ma, ripeto: siamo solo all’inizio.

Cari INCAUTI PROFESSIONISTI, io vi stimo ancora molto dal punto di vista professionale, ma ammettetelo: stavolta avete toppato. Perché, da bravi professionisti, saranno proprio i vostri input ben indirizzati a far crescere maggiormente l’A.I. (a differenza degli input degli scappati di casa, che la faranno crescere lo stesso, ma più lentamente).
 
Io davvero non so da dove provenga questa vostra sicurezza. Mi sembrate tanti omini che precipitano da un palazzo, e poco prima di schiantarsi si rassicurano fra loro dicendosi: “fin qui tutto bene”.
O, se preferite, tanti tizi che si prendono a revolverate lo scroto e poi esclamano: “in fondo in fondo, non fa poi così male”.



Non sono un ingenuo,  lo so perfettamente che ci schianteremo, che il processo è inarrestabile e irreversibile, che chiunque vorrà ancora lavorare con l’arte (o ciò che ne resta) dovrà, per forza di cose, interfacciarsi con una A.I. .
Quindi… c’è anche bisogno di accelerarlo, questo processo, cazzarola? C’è un limite al vostro tafazzismo?
 
E adesso raccontatemi di tutte le volte che vi incazzavate quando vi dicevano “eh… ma tanto i fumetti li fa il computer…” affannandovi in spiegazioni arzigogolate su come invece c’era tutto uno sbattimento infinito dietro una tavola e anni e anni di esperienza e di studi, che il computer non fa niente da solo e bla bla bla… Tutto per convincere un medioman qualsiasi del vostro ruolo imprescindibile, della vostra autorialità, della vostra unicità.
Dopo che comincerete ad usare l’A.I. … cosa risponderete ad affermazioni simili?

POSSIBILI SCENARI FUTURI, OPPORTUNITÀ E CONCLUSIONI GENERALI.

- Chiunque vorrà esprimersi con le arti visive, nel prossimo futuro,  dovrà interagire con un’ A.I. .
Praticamente, ogni artista dovrà diventare una specie di… compilatore di prompt.

-La maggiore discriminante fra un buon artista e un artista mediocre non saranno dunque le idee o le capacità, ma la possibilità di accedere a tecnologie sempre più potenti e costose (perché le tecnologie di “base” invece, sono già accessibili praticamente da tutti).

- Meno lavoro (e peggio pagato) per i cosiddetti professionisti, cioè tutti coloro che dimostravano di avere delle capacità artistiche affinate in anni di studio e pratica.

- Si avvererà Il sogno proibito e bagnato di tutti gli sceneggiatori: finalmente potranno fare a meno della vil razza dannata (disegnatori e gli illustratori, per intenderci).
La loro gioia però durerà pochissimo: innanzitutto scopriranno che quasi mai è possibile rappresentare qualcosa nel modo in cui loro la scrivono. Poi capiranno che chiunque potrà scrivere e disegnarsi la propria graphic novel da solo, quindi anche il lavoro dello sceneggiatore diventerà abbastanza superfluo.
E alla fine, ciliegina sulla torta, scopriranno con orrore che stanno già sviluppando delle A.I. capaci di scrivere da sole trame e dialoghi.

Gioite oggi scrittori (se proprio volete), perché i prossimi ad andare col culo per terra sarete voi.  

- L’ulteriore accrescimento di un fenomeno (già in atto), che io definisco Iperinflazione dell’immagine (altri lo definirebbero effetto saturazione): l’eccessivo aumento quantitativo delle immagini (prodotte da cani e porci, ma non solo…) e la loro eccessiva diffusione nel web, farà perdere il potere evocativo, emotivo, simbolico e concettuale delle immagini stesse.
Succede già oggi, addirittura con le opere d’arte famose, perfino con gli stessi artisti che le hanno prodotte.
Un esempio facile? Prendete la Gioconda. Che significato può avere oggi la Gioconda,  se è diventata un meme,  un gadget, un’immagine da mettere sulle tazzine, sulle magliette… se la vediamo ovunque, su internet, in televisione e sui libri di scuola?
E Van Gogh o Frida Khalo? Praticamente marchi da appiccicare su qualsiasi tipo di merchandising.

Il tutto ovviamente già  immerso nel magma della rete, fra foto del cibo ad ogni pasto, dei moncherini che s’abbronzano d’estate, delle duckface, dei meme, dei santini, delle citazioni, dei video dei gattini con la musichetta infantile, delle ragazzine che fanno finta di cantare su musica scadentissima, delle reaction, dei dissing, della pornografia... .

L’unica nuova opportunità che si creerà sarà aggiungere, in questo magma, l’attesissima graphic novel della casalinga di Voghera, e l’unico nuovo scenario creativo sarà un ulteriore sprofondare nelle paludi dell’ottundimento generale.

Ma cosa ce ne importa, in fondo? È tutto facile e gratis!


CONCLUSIONI PERSONALI.

Questa mentalità che se la tecnologia può fare una cosa, allora deve farla a tutti i costi, direi che ha abbastanza rotto il cazzo. Se la tecnologia è utile e ci migliora la vita, ben venga. Ma se, come troppo spesso avviene, crea molti più problemi di quanti ne risolva, devasta una quantità incommensurabile di posti di lavoro, diventa troppo invasiva, onnipresente e annienta la privacy, anche no.
Direi basta, torniamo indietro: si viveva meglio quando il computer lo accendevamo solo per giocare a pacman o a uno dei millemila cloni tarocchi di Space Invaders.
Io non voglio essere la protesi del mio smartphone o l’appendice del mio SPID.  

Il cosiddetto progresso non serve a nulla se manca l’etica, se ci fa correre veloci senza però sapere in che direzione stiamo andando. Non mi piace la piega che da troppi anni abbiamo preso e sono stufo dei tanti burattini che contribuiscono (anche in maniera inconsapevole) alla realizzazione di questo tipo di mondo.

Più passano gli anni, più mi domando se abbia ancora senso disegnare, soprattutto alla luce di tutto questo. I fumetti (anche quelli di supereroi) mi sembrano sempre più dei fotoromanzi ricalcati: di disegnato vedo molto poco. Adesso sembra che siano diventati tutti dei fenomeni dell'iperrealismo (se mi concedete questa piccola esagerazione).
Va ancora peggio per l’illustrazione: mi imbatto spesso in illustrazioni (che quasi sempre hanno come soggetto pin up fantasy o lolite manga) che sono chiaramente foto ricalcate e ridipinte in digitale. Alcune sono anche ben fatte, per carità, se le consideriamo solo da un punto di vista puramente tecnico. Ma molte altre invece sono di un kitsch che sarebbe stato considerato inaccettabile anche solo dieci o quindici anni fa. Adesso che è stato sdoganato tutto... tutto ha perso significato. Mancano idee e personalità, manca lo stile, ma sembra non essere un problema per nessuno.

Non so, a volte mi sembra di partecipare ad una gara truccata, in un gioco di cui non condivido più le regole. Potrei tranquillamente stare al passo con gli altri, ma la domanda è: ne ho davvero voglia? Ha senso tutto questo?
Non mi va di fare l’ennesimo upgrade, di studiare l’ennesimo software, di comprare l’ennesimo computer, di capire l’ennesima moda, di seguire l’ennesimo trend. Non mi va di passare il tempo a spammare roba nella rete e a discuterne: la vita vera è fuori.

Appartengo ad una generazione ancora capace di fare qualcosa con le sole abilità manuali, di sapere qualcosa senza consultare wikipedia o un tutorial, di scrivere e parlare di argomenti complessi senza ricorrere alle stupide semplificazioni della neolingua.

La generazione di creativi alla quale appartengo, se ne andrà come ha vissuto: in anonimato, nel silenzio colpevole delle istituzioni che ci hanno sempre ignorato, nell’indifferenza delle grandi masse che non ci comprendono, nel dileggio generale di coloro che non hanno conosciuto il mondo prima del digitale.

P.s.:
Se avete avuto il fegato di leggere tutto e volete commentare, fatelo in maniera pacata e circostanziata. Non scrivete banalità, dimostrate di aver letto tutto e non saltate a conclusioni affrettate. Avrete notato che non ho mai chiamato quell’A.I. per nome: l’ho fatto apposta perché NON NE POSSO PIÙ di leggere quel dannato nome ovunque. E per non dargli ulteriore importanza.
Perciò, se commentate, specie su FB,

fate come me e NON SCRIVETE QUEL NOME (sennò vi banno).  

-------------------------------------------------------------------------------------------- 
note:

1) ARTIFICIAL INTELLIGENCE = INTELLIGENZA ARTIFICIALE
2) Fra l'altro: avete visto a che prezzo è arrivata la carta, al giorno d'oggi?
3) Una stanza piena zeppa di elefanti, ma è meglio ignorarli e concentrarsi sulle cazzate 
4) Oltre ad essere afflitto da un sacco di altre problematiche
5) Non sto inventando nulla
6) Esistono eredi spirituali dei vari Leone, Fellini, Risi, De Sica, Antonioni, Kubrick, Truffaut, Hitchcock, Welles, Tarkovskij... e via dicendo?
7) discorso lungo e complesso, da affrontare in un altro post 

Commenti


MODALITÀ VISUALIZZAZIONE DINAMICA ALIBIDICARTA

FOLLOWERS

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001

Questo blog non è stato creato a scopo di lucro, le pubblicità che l'autore inserisce non sono a pagamento. L'autore non ha alcuna responsabilità per quanto riguarda i siti ai quali è possibile accedere tramite i collegamenti posti all'interno del sito stesso, forniti come semplice servizio. Il fatto che il blog fornisca questi collegamenti non implica l'approvazione dei siti stessi, sulla cui qualità, contenuti e grafica è declinata ogni responsabilità. L'autore non è responsabile per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post, i commenti ritenuti offensivi, di genere spam o non attinenti potranno essere cancellati; i commenti lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di persone terze, non sono da attribuirsi all’autore, nemmeno se il commento viene espresso in forma anonima e comunque verranno cancellati. Declino ogni responsabilità per gli eventuali errori ed inesattezze riportati nel blog e per gli eventuali danni da essi derivanti.

"Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione"

Costituzione della Repubblica Italiana, art. 21, co. 1

Licenza Creative Commons
This opera is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia License.


It is forbidden to download, copy, distribute and-or reproduce any of these images without the express permission of the copyright holder.