Da qualche settimana, numerosi esponenti di una certa
“comunità” creativa (disegnatori, illustratori, sceneggiatori, ecc. …),
discutono sull’utilizzo di una famosa A.I.¹ in grado di generare illustrazioni
e tavole a fumetti in base agli input immessi nel suo algoritmo.
In realtà, questo tipo di tecnologia esiste da anni, ma solo recentemente
sembra aver raggiunto un livello di implementazione tale da consentirle standard
qualitativi degni di nota o quantomeno interessanti.
Anche se molti (me compreso), giudicano questi standard attuali imprecisi,
rozzi, confusi, stereotipati, tremendamente kitsch (ma qui credo sia più che
altro colpa delle parole chiave immesse…) e addirittura INQUIETANTI, non credo
ci voglia un veggente per capire che miglioreranno sempre di più in futuro,
grazie ad un algoritmo in grado di apprendere e automigliorarsi.
Un futuro non remoto ma molto prossimo, che vedrà questa tecnologia
diffondersi sul mercato ed imporsi come un vero e proprio standard qualitativo
nuovo, in un arco temporale che andrà, verosimilmente, dai tre ai cinque anni.
Le implicazioni di questa rivoluzione sono e saranno tantissime, e non pretendo certo di
esaurire l’argomento con questo post. Però mi interesserebbe parlare delle
reazioni “a caldo” di coloro che INEVITABILMENTE saranno i più colpiti dalla
diffusione di questa tecnologia: i famosi (sopracitati) esponenti della
“comunità” creativa.
Le discussioni scaturite intorno alla (tardiva) scoperta delle A.I. generatrici
di immagini sono state, da parte di costoro, decisamente vivaci, varie e
variegate: si va infatti dall’ottuso entusiasmo al pessimismo più cupo,
passando per vari gradi di freddezza e perplessità.
Leggendo qua e là nel web, ho trovato affermazioni del tipo:
- “EEEEEHHHH, MA VUOI
METTERE IL FASCINO DELLA CARTAAAAAAH”² (ottusità tout court, inemendabile)
- “NIENTE POTRÀ MAI SOSTITUIRE L’UOMO”
(ottuso ottimismo)
- “LA QUALITÀ FARÀ LA DIFFERENZA”/ “L’AUTORE
FARÀ LA DIFFERENZA” (queste vanno in coppia-ottimismo e utilitarismo borghese)
- “È UNO STRUMENTO. DIPENDE DA COME LO
USI” (cautela e utilitarismo)
fino allo spettacolare, inarrivabile
- “È UNA GRANDE OPPORTUNITÀH CHE APRE INNUMEREVOLI SCENARI
CREATIVI!!1!1!”.
Ora, tralasciando la prima affermazione (quella della CARTAAAAAAH…- talmente
puerile che non vale neanche la pena spenderci due parole), cercherò di
analizzare e commentare tutte le altre, una per una.
1) “NIENTE POTRÀ MAI SOSTITUIRE L’UOMO”
Eh, infatti… NON È MAI CAPITATO NELLA STORIA che l’uomo fosse sostituito dalle
macchine, che interi segmenti lavorativi fossero spazzati via dai progressi
tecnologici. “È il progresso, baby…” dirà qualcuno. “È giusto che alcuni
mestieri scompaiano, pensa al BOIA” dirà l’arrogante e saccente primo della
classe, col sorrisetto di chi crede di aver detto qualcosa di intelligente.
A parte che in alcuni paesi la figura del boia esiste ancora… ma certo, cosa
importa al saputello (che, evidentemente, avrà il culo al caldo), se tante
persone perdono il lavoro perché esiste una tecnologia che può sostituirle
parzialmente o totalmente?
Il problema è che non tutti i lavoratori possono essere “riconvertiti”, se il lavoro scarseggia PROPRIO -e anche- PERCHÈ la tecnologia sta
sostituendo sempre più la figura umana nel mondo del lavoro.
La disoccupazione digitale (o tecnologica, che dir si voglia) sta diventando il
famoso elefante nella stanza che i nostri favolosi governi fanno finta di non
vedere³. Per loro è più facile pensare di ammansire il popolino elargendogli
qualche elemosina, piuttosto che combattere la disoccupazione e risolvere i
problemi veri alla radice.
Quindi… se volete ottenere, fra mille vincoli e condizioni, un contentino che
il governo vi dice come, dove e quando usare, mentre stabilisce dove potete
arrivare a piedi e quanti Km fare con la macchina (il tutto sempre all’interno di
un tetto massimo di emissioni CO2, si
intende…) accomodatevi: il futuro è già qui.
Se invece lo scenario vi sembra troppo fosco, e quindi state pensando di
buttarvi sul caro, vecchio mestiere sempre in voga, tenete conto di una cosa
sola: anche la prostituzione (fisica o intellettuale), ha pur sempre bisogno di
un minimo “benessere” diffuso attorno a sé, per essere considerata una
professione davvero remunerativa.
Perciò, quando vedete una categoria di persone andare col culo per terra, non
rallegratevi sadicamente, non compiacetevi dei privilegi che oggi avete o
credete di avere: i prossimi potreste essere VOI.
E un giorno ritrovarvi a venderlo, quel culo… sì, ma per un tozzo di pane.
2) “LA QUALITÀ FARÀ LA DIFFERENZA”
Innanzitutto bisognerebbe stabilire cos’è la qualità e dare, conseguentemente,
un giusto prezzo a degli standard qualitativi. Ma in un settore (quello
“creativo”), dove il fattore soggettivo è preponderante e che (almeno in
Italia) non sembra essere regolamentato seriamente in alcun modo⁴, ciò non è
possibile.
Successivamente, bisognerebbe domandarsi se il medioman della strada o la paradigmatica casalinga di Voghera,
sappiano riconoscere e premiare la qualità (spoiler: no).
Non stupiamocene: in un mondo dove (almeno dalle nostre parti), i popoli sono
stati trasformati in consumatori compulsivi di spazzatura visiva e ideologica,
la qualità, più che un mero concetto, è un
vero e proprio preset imposto
dall’alto.
Eppure tanti sono andati a scuola, tanti sono diplomati e laureati, tanti
dovrebbero avere quella cultura minima sindacale che (almeno teoricamente), consentirebbe
loro di avere un occhio e un pensiero critico capace di saper discernere la
qualità. E invece no, tutt’altro!
Proprio nella nostra favolosa scuola (che al massimo può educare alla
mediocrità, all’omologazione e ai diktat del governicchio di turno), abbiamo
imparato che:
- un barattolo di MERDA D’ARTISTA (aggiudicato, pare, per la modica cifra di
275 000 euro), è arte
- tele e sacchi di juta squarciati sono arte
- tazze del cesso o altri oggetti di uso comune esposti nei musei sono arte
- una tizia che si riprende in mondovisione
mentre si sottopone ad una serie di (orribili) operazioni chirurgiche superflue
è arte
- un tizio che si autoinfligge dei tagli e poi cammina nudo sanguinando su una
passerella è arte
- una tizia che defeca, urina ed estrae vari oggetti dalla sua vagina, su una
strada pubblica e affollata, in pieno giorno, è arte
- due tizi sporchi di vernice che copulano su una tela è arte
- un tizio che si appende a dei ganci e si fa installare un orecchio
artificiale nell’avambraccio è arte…⁵
Sterlac ed il suo orecchio "bionico" (funziona davvero, sapete?)
Insomma, è stato sdoganato di tutto. Dalla body
art alla performance art,
passando per le agghiaccianti video
installazioni, qualsiasi aberrazione è stata chiamata arte. Ed è (anche)
grazie a tutto questo, che ragazzine coi capelli verdi fanno della loro
endometriosi e della loro dismenorrea l’oggetto della loro arte.
Orlan e la sua chirurgia... creativa (ne avevamo proprio bisogno, vero?)
In un contesto del genere (per nulla disfunzionale, direi…), volete che non
salti fuori un qualche movimento di radical chic decisi ad imporre le cose
fatte con l’A.I. come una nuova forma d’arte? Ma le spacceranno come il non
plus ultra dell’arte, mi pare ovvio.
E cercheranno di vendervela, risparmiando notevolmente sui tempi e i costi di
produzione (quindi anche sugli autori stessi…), ma investendo magari qualche
soldino in più per il marketing.
L’avete capito o no, cari estimatori della fantomatica qualità, che la qualità GIÀ
OGGI è un concetto molto fumoso?
Che, attualmente, chiunque (a prescindere dal fatto che abbia o meno delle
capacità, che abbia fatto o meno determinati studi, che sappia usare degli
strumenti tecnici o abbia anche solo delle idee innovative), può improvvisarsi
artista e vendervi ciò che fa, semplicemente se ha un ufficio marketing
efficiente?
Figuratevi cosa potrà succedere fra qualche anno, quando le A.I. diventeranno
totalmente mainstream.
2 bis) “L’AUTORE FARÀ LA DIFFERENZA!”
Questo è un discorso certamente molto complesso e mi rendo
conto di non poterlo liquidare in poche righe. Ma è legato a doppio filo con il
precedente argomento della QUALITÀ.
Il fattore autoriale infatti, GIÀ OGGI è obnubilato dall’incapacità delle
persone di saper riconoscere la qualità e dall’omologazione totale
dell’industria dell’intrattenimento che (almeno a livello mainstream), si appiattisce tanto sulle tematiche quanto sugli
stilemi visivi e narrativi.
Ma basta dare un’occhiata all’industria hollywoodiana degli ultimi quarant’anni
circa, per rendersi conto del senso di ciò che voglio dire. Dove sono finiti i
grandi registi e la loro visione autoriale del mezzo cinematografico?.⁶
Qualcuno che sappia imporre la sua cifra stilistica c’è ancora, indubbiamente,
ma sono sempre meno, sempre più omologati e sempre più vincolati da determinate
meccaniche che con l’arte non c’entrano nulla.
La verità è che per la maggior parte delle grandi produzioni (qui parlo in
generale, non mi riferisco solo alle grandi produzioni hollywoodiane, tipo i
cosiddetti cinecomics), l’autore non può esprimersi liberamente,
ma deve muoversi all’interno di un recinto di scelte (visive, narrative,
concettuali) precostituite da coloro che (detto volgarmente), CI METTONO I
SOLDI.⁷
Il risultato di questa prassi odierna è
che gli autori stanno diventando sempre più intercambiabili, clonabili e
sostituibili: diventano tutti simili perché devono
fare tutti la stessa cosa.
FATTE LE DEBITE PROPORZIONI (visto che qui i soldi in ballo sono di meno),
possiamo dire che lo stesso identico discorso vale per l’illustrazione e il
fumetto. In questi settori, oltre alle ovvie logiche di mercato, sono proprio gli
strumenti tecnologici (social inclusi), ad essere uno dei fattori
maggiormente omologanti. Vediamo perché.
3) “È UNO STRUMENTO. DIPENDE DA COME LO USI”
Similmente ad un’arma progettata e creata appositamente per arrecare il maggior
danno possibile a cose e persone (non si usa lanciagranate anticarro per fare
un intervento di microchirurgia al cervello), o una macchina concepita per
correre su una pista alla massima velocità possibile (non vai nel centro
storico di un paesino posto sul cucuzzolo di una montagna con una F1), la A.I.
che oggi voi ingenuamente chiamate STRUMENTO,
è stata creata appositamente per togliere di mezzo TUTTI gli strumenti
dell’autore, l’autore stesso e SEPARARE il prodotto finale da altri fattori
imprescindibili per il processo creativo e la realizzazione di una vera opera
d’arte, ovvero:
- L’IMPIEGO DI TEMPO (cioè l’arco temporale che va dall’idea iniziale all’opera
definitiva),
- LA FATICA (la famosa lotta contro la
materia)
- e la MOTIVAZIONE (perché non posso fare a meno di esprimermi attraverso un
mezzo espressivo?).
Perché, indipendentemente dalle nobili
motivazioni teoriche che pure staranno (?) alla base dello sviluppo della
A.I., questo è esattamente ciò che fa,
all’atto pratico.
Bello, vero? Anni di studi, sacrifici ed esercitazioni saranno totalmente (o,
nella migliore delle ipotesi, quasi totalmente) bypassate da un algoritmo in
grado di (ricordate?) apprendere e automigliorarsi.
C’è anche chi sarà felice, per la fine di quella che prima poteva essere
definita una specie di dittatura delle
capacità (come ho sentito dire da qualcuno…), ma è ovvio: l’unica dittatura che i mediocri ambiscono a
smantellare è proprio quella (teorica) delle capacità e delle competenze (non
si sono resi conto che hanno già vinto da un pezzo: il paese Italia ne è la
rappresentazione plastica).
Pensateci: già OGGI la tecnologia consente ad un esercito di
impediti di bypassare tutta una serie di ostacoli e lacune tecniche, mentre il
nostro lassismo consente a chiunque di autoproclamarsi artista.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti: fare foto, video e montaggi è
diventato un giochino alla portata di… praticamente chiunque, grazie a delle
app (molte delle quali poco costose, se non addirittura gratuite) facilissime
da usare e ormai a prova di idiota… se poi qualcuno trova delle difficoltà a
capire una determinata funzione, c’è senz’altro un tutorial (chiaramente
gratuito) su youtube da poter consultare alla bisogna.
Non serve più chissà quale strumentazione o un computer costoso e
particolarmente performante, non serve più il programma superpesante cracckato
da AMMIOCUGGINOTM (che funzionava una volta sì, due no e poi ti crashava il sistema), può bastare anche
un buon tablet o uno smartphone.
Cose che, più o meno, oggi possono permettersi tutti.
Stesso discorso per l’illustrazione e la pittura: chiunque può mettersi a
ricalcare foto che pesca nella rete con i più comuni software di disegno e grafica
(se poi ricalchi con un tratto tremolante e sporco, fa molto intellettuale da casa editrice impegnata), e app tipo
Procreate consentirebbero anche ad uno scimpanzé mescolanze cromatiche e
sfumature degne di un preraffaelita.
Ricapitolando: non servono più strumentazioni costose, non servono più
particolari competenze o abilità, non serve più un corso di studi specifico,
non serve più impiegare troppo tempo nella realizzazione di qualcosa, non serve
più avere un qualche tipo di urgenza espressiva, non serve più avere qualcosa
da dire…
basta avere un account. E riversare nel mare magnum della rete tutte le proprie
deiezioni (mentali e non) costituite per la maggior parte da immagini e video
inutili e scadenti, nella vana illusione di potersi distinguere dagli altri (all’interno
di un contenitore che livella tutto verso il basso- ne parlo, più
approfonditamente,
qui).
Ma se l’esercito dei wannabe, degli scappati di casa, delle casalinghe con
velleità artistiche e dei dopolavoristi ipergarantiti, fosse magicamente
privato degli strumenti tecnologici attuali, troverebbe un altro modo, seppur
più faticoso e dispendioso, di esprimersi? Chiaramente no: la maggior parte di
loro abbandonerebbe l’attività artistica alla prima difficoltà, perché non
motivati a sufficienza, poco capaci e senza idee valide da proporre.
Sarò più chiaro: chi avrebbe ancora voglia di fotografare il cibo ogni volta
che mangia, se al posto dello smartphone avesse… che so, una macchina
fotografica analogica Rectaflex del ’47? Se non ci fossero i social gratuiti, a
chi verrebbe voglia di condividere la prima stronzata che gli passa per la
mente con l’universo mondo? E quante sgallettate, attraverso di essi,
cercherebbero un egoboost continuo, se poi fossero costrette anche a mettere
una telecamera su un treppiede e montare i loro ridicoli filmatini su una
pellicola vera e propria? Se i colori per il bodypainting costassero tantissimo
e fossero difficili da reperire, qualcuno troverebbe ancora accettabile la
pratica agghiacciante di dipingere sul pancione di una donna incinta?
So che a molti di voi questo potrà sembrare un discorso del cazzo, ma le cose
stanno così: non esiste uno strumento “neutro”; sono gli strumenti (social
compresi) ad INDURRE nelle persone determinati comportamenti (ne parlo anche
qui).
Il mezzo è il messaggio e lo strumento è il fine: non a caso l’artista
VikMuniz utilizzò materiali di scarto, cioccolato e zucchero per realizzare le
sue opere di denuncia sociale più famose.
Avrebbe potuto fare una foto, scolpire il marmo, dipingere un quadro… e invece
ha usato proprio quei materiali specifici e per una ragione ben precisa.
Un'opera di Vik Muniz, costituita da materiali di riciclo
Signori miei, dipingere un quadro su tela, con dei colori ad olio, avrà sempre
un valore ben diverso dal realizzare quella stessa immagine in digitale (anche
se poi sul quadro venisse fuori una
mezza merda e in digitale invece perfetta…).
Ed è anche una scelta di campo ben precisa.
Se avete capito il senso di questo discorso, provate solo ad immaginare cosa potrà
succedere quando l’A.I. sarà inglobata nel processo creativo sia degli impediti
che in quelli che una volta venivano considerati professionisti del settore.
4) “È UNA GRANDE OPPORTUNITÀ CHE APRE INNUMEREVOLI SCENARI CREATIVI!”
E qui, amici miei, voliamo altissimi.
Soprattutto se queste cose le dicono disegnatori o illustratori che
suggeriscono anche come ovviare, in post produzione, ai limiti tecnici che
attualmente l’A.I. dimostra di avere.
Praticamente, questi… INCAUTI PROFESSIONISTI, stanno alimentando qualcosa che
INEVITABILMENTE darà un colpo durissimo al loro stesso segmento lavorativo.
Già abbastanza precario e mal messo di suo, fra l’altro, per tutti i motivi
elencati nei punti precedenti.
Ma loro sono bravi e affermati e non risentiranno del colpo, almeno nel breve
periodo, cosa gliene importa di tutti quelli che invece stanno lottando per
affermarsi, di quelli che devono fare duecento commissions al mese per mettere
insieme uno pseudo stipendio, di quelli che, malgrado tutto e tutti, studiano
ancora come migliorarsi nell’arte e nel disegno?
Credono forse che saranno pagati ancora, quando si farà strada l’idea che un A.I.
potrà sostituirli più o meno egregiamente?
E quando affermano che “Sì, ma l’A.I. i
fumetti ancora non li fa”, esattamente… di cosa cazzo stanno parlando? E il
fumetto di Dave McKean già andato esaurito? La graphic novel THE SHADOW su
kickstarter?
Due esempi di fumetti fatti con l’A.I. . Poi, sulla qualità degli stessi si potrà pure discutere, ma, ripeto: siamo
solo all’inizio.
Cari INCAUTI PROFESSIONISTI, io vi stimo ancora molto dal punto di vista
professionale, ma ammettetelo: stavolta avete toppato. Perché, da bravi
professionisti, saranno proprio i vostri input ben indirizzati a far crescere
maggiormente l’A.I. (a differenza degli input degli scappati di casa, che la faranno
crescere lo stesso, ma più lentamente).
Io davvero non so da dove provenga questa vostra sicurezza. Mi sembrate tanti
omini che precipitano da un palazzo, e poco prima di schiantarsi si rassicurano
fra loro dicendosi: “fin qui tutto bene”.
O, se preferite, tanti tizi che si prendono a revolverate lo scroto e poi
esclamano: “in fondo in fondo, non fa poi così male”.
Non sono un ingenuo, lo so perfettamente
che ci schianteremo, che il processo è inarrestabile e irreversibile, che
chiunque vorrà ancora lavorare con l’arte (o ciò che ne resta) dovrà, per forza
di cose, interfacciarsi con una A.I. .
Quindi… c’è anche bisogno di accelerarlo, questo processo, cazzarola? C’è un
limite al vostro tafazzismo?
E adesso raccontatemi di tutte le volte che vi incazzavate quando vi dicevano “eh…
ma tanto i fumetti li fa il computer…” affannandovi in spiegazioni arzigogolate
su come invece c’era tutto uno sbattimento infinito dietro una tavola e anni e
anni di esperienza e di studi, che il computer non fa niente da solo e bla bla
bla… Tutto per convincere un medioman qualsiasi del vostro ruolo
imprescindibile, della vostra autorialità, della vostra unicità.
Dopo che comincerete ad usare l’A.I. … cosa risponderete ad affermazioni
simili?
POSSIBILI SCENARI FUTURI, OPPORTUNITÀ
E CONCLUSIONI GENERALI.
- Chiunque vorrà esprimersi con le arti visive, nel prossimo futuro, dovrà interagire con un’ A.I. .
Praticamente, ogni artista dovrà diventare una specie di… compilatore di prompt.
-La maggiore discriminante fra un buon artista e un artista mediocre non
saranno dunque le idee o le capacità, ma la possibilità di accedere a tecnologie
sempre più potenti e costose (perché le tecnologie di “base” invece, sono già
accessibili praticamente da tutti).
- Meno lavoro (e peggio pagato) per i cosiddetti professionisti, cioè tutti coloro che dimostravano di avere delle
capacità artistiche affinate in anni di studio e pratica.
- Si avvererà Il sogno proibito e bagnato di tutti gli sceneggiatori:
finalmente potranno fare a meno della vil
razza dannata (disegnatori e gli illustratori, per intenderci).
La loro gioia però durerà pochissimo: innanzitutto scopriranno che quasi mai è
possibile rappresentare qualcosa nel modo in cui loro la scrivono. Poi
capiranno che chiunque potrà scrivere e disegnarsi la propria graphic novel da solo, quindi anche il
lavoro dello sceneggiatore diventerà abbastanza superfluo.
E alla fine, ciliegina sulla torta, scopriranno con orrore che stanno già
sviluppando delle A.I. capaci di scrivere da sole trame e dialoghi.
Gioite oggi scrittori (se proprio volete), perché i prossimi ad andare col culo
per terra sarete voi.
- L’ulteriore accrescimento di un fenomeno (già in atto), che io definisco Iperinflazione dell’immagine (altri lo
definirebbero effetto saturazione):
l’eccessivo aumento quantitativo delle immagini (prodotte da cani e porci, ma
non solo…) e la loro eccessiva diffusione nel web, farà perdere il potere
evocativo, emotivo, simbolico e concettuale delle immagini stesse.
Succede già oggi, addirittura con le opere d’arte famose, perfino con gli
stessi artisti che le hanno prodotte.
Un esempio facile? Prendete la Gioconda. Che significato può avere oggi la
Gioconda, se è diventata un meme, un gadget, un’immagine da mettere sulle tazzine,
sulle magliette… se la vediamo ovunque, su internet, in televisione e sui libri
di scuola?
E Van Gogh o Frida Khalo? Praticamente marchi da appiccicare su qualsiasi tipo
di merchandising.
Il tutto ovviamente già immerso nel magma
della rete, fra foto del cibo ad ogni pasto, dei moncherini che s’abbronzano d’estate,
delle duckface, dei meme, dei santini, delle citazioni, dei video dei gattini
con la musichetta infantile, delle ragazzine che fanno finta di cantare su
musica scadentissima, delle reaction,
dei dissing, della pornografia... .
L’unica nuova opportunità che si creerà sarà aggiungere, in questo magma, l’attesissima
graphic novel della casalinga di Voghera, e l’unico nuovo scenario creativo
sarà un ulteriore sprofondare nelle paludi dell’ottundimento generale.
Ma cosa ce ne importa, in fondo? È tutto facile e gratis!
CONCLUSIONI PERSONALI.
Questa mentalità che se la tecnologia può fare una cosa, allora deve farla a
tutti i costi, direi che ha abbastanza rotto il cazzo. Se la tecnologia è utile
e ci migliora la vita, ben venga. Ma se, come troppo spesso avviene, crea molti
più problemi di quanti ne risolva, devasta una quantità incommensurabile di posti di lavoro, diventa
troppo invasiva, onnipresente e annienta la privacy, anche no.
Direi basta, torniamo indietro: si viveva meglio quando il computer lo
accendevamo solo per giocare a pacman o a uno dei millemila cloni tarocchi di
Space Invaders.
Io non voglio essere la protesi del mio smartphone o l’appendice del mio SPID.
Il cosiddetto progresso non serve a nulla se manca l’etica, se ci fa correre
veloci senza però sapere in che direzione stiamo andando. Non mi piace la piega
che da troppi anni abbiamo preso e sono stufo dei tanti burattini che
contribuiscono (anche in maniera inconsapevole) alla realizzazione di questo
tipo di mondo.
Più passano gli anni, più mi domando se abbia ancora senso disegnare,
soprattutto alla luce di tutto questo. I fumetti (anche quelli di supereroi) mi
sembrano sempre più dei fotoromanzi ricalcati: di disegnato vedo molto poco. Adesso sembra che siano diventati tutti dei fenomeni dell'iperrealismo (se mi concedete questa piccola esagerazione).
Va ancora peggio per l’illustrazione: mi imbatto spesso in illustrazioni (che quasi sempre hanno come soggetto pin up fantasy o lolite manga) che sono
chiaramente foto ricalcate e ridipinte in digitale. Alcune sono anche ben
fatte, per carità, se le consideriamo solo da un punto di vista puramente tecnico. Ma molte altre invece sono di un
kitsch che sarebbe stato considerato inaccettabile anche solo dieci o quindici
anni fa. Adesso che è stato sdoganato tutto... tutto ha perso significato.
Mancano idee e personalità, manca lo stile, ma sembra non essere un problema per nessuno.
Non so, a volte mi sembra di partecipare ad una gara truccata, in un gioco di cui non condivido più le
regole. Potrei tranquillamente stare al passo con gli altri, ma la domanda è:
ne ho davvero voglia? Ha senso tutto questo?
Non mi va di fare l’ennesimo upgrade, di studiare l’ennesimo software, di
comprare l’ennesimo computer, di capire l’ennesima moda, di seguire l’ennesimo
trend. Non mi va di passare il tempo a spammare roba nella rete e a discuterne:
la vita vera è fuori.
Appartengo ad una generazione ancora capace di fare qualcosa con le sole
abilità manuali, di sapere qualcosa senza consultare wikipedia o un tutorial,
di scrivere e parlare di argomenti complessi senza ricorrere alle stupide
semplificazioni della neolingua.
La generazione di creativi alla quale appartengo, se ne andrà come ha vissuto:
in anonimato, nel silenzio colpevole delle istituzioni che ci hanno sempre ignorato,
nell’indifferenza delle grandi masse che non ci comprendono, nel dileggio
generale di coloro che non hanno conosciuto il mondo prima del digitale.
P.s.:
Se avete avuto il fegato di leggere tutto e volete commentare, fatelo in
maniera pacata e circostanziata. Non scrivete banalità, dimostrate di aver
letto tutto e non saltate a conclusioni affrettate. Avrete notato che non ho
mai chiamato quell’A.I. per nome: l’ho fatto apposta perché NON NE POSSO PIÙ di
leggere quel dannato nome ovunque. E per non dargli ulteriore importanza.
Perciò, se commentate, specie su FB,
fate come me e NON SCRIVETE QUEL NOME (sennò vi banno).
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note:
1) ARTIFICIAL INTELLIGENCE = INTELLIGENZA ARTIFICIALE
2) Fra l'altro: avete visto a che prezzo è arrivata la carta, al giorno d'oggi?
3) Una stanza piena zeppa di elefanti, ma è meglio ignorarli e concentrarsi sulle cazzate
4) Oltre ad essere afflitto da un sacco di altre problematiche
5) Non sto inventando nulla
6) Esistono eredi spirituali dei vari Leone, Fellini, Risi, De Sica, Antonioni, Kubrick, Truffaut, Hitchcock, Welles, Tarkovskij... e via dicendo?
7) discorso lungo e complesso, da affrontare in un altro post
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